LIBRI SCELTI
” L’IMMAGINE DELLA CITTA’-LYNCH”,
“L’ARTE DI COSTRUIRE LA CITTA’-SITTE”
Ho scelto questi libri perché voglio creare
all’interno della mia area un’area sociale che sia da cerniera tra un quartiere
dormitorio e un’area praticamente museale. Studiare quale, secondo i teorici ,
è la strategia da seguire, può essermi d’aiuto anche se la mia driving force è
un ostello/risto bar.
L'immagine della città, pubblicato nel 1960, è il risultato di
una indagine durata cinque anni sul modo in cui i frequentatori delle città
percepiscono lo spazio urbano ed organizzano le informazioni spaziali che
ricevono ed elaborano durante le loro esperienze. Usando come caso di studio
tre città statunitensi (boston, jersey City, e Los Angeles), Lynch
mostrò che le persone percepiscono lo spazio urbano che frequentano o nel quale
vivono attraverso elementi e schemi mentali comuni, creando le loro mental maps attraverso l'utilizzo
di cinque categorie:
· percorsi,
strade, camminate, passaggi, ed altri canali utilizzati dalla gente per
spostarsi;
· margini,
confini e limiti ben percepiti come mura, edifici, spiagge;
· quartieri,
sezioni relativamente larghe della città contraddistinte da caratteri specifici
e da una propria identità;
· nodi,
punti focali della città, intersezioni tra vie di comunicazione, punti
d'incontro;
· riferimenti,
oggetti dello spazio velocemente identificabili, anche a distanza, che
funzionano come punto di riferimento ed orientamento.
L'attribuzione degli elementi urbani alle
varie categorie non è da applicare in modo rigido; in ogni elemento considerato
ci possono essere caratteristiche tali da poterlo collocare in diverse
categorie.
Altro concetto importante evidenziato da
Lynch è quello della leggibilità di un luogo, ossia la
capacità da parte delle comunità di ambientarsi, orientarsi e capire un dato
spazio urbano.
“L’arte di costruire la città” invece
ci porta a fare una riflessione sulle piazze che essendo un punto cruciale
nella vita sociale di un quartiere, hanno bisogno di un attenzione progettuale particolare.
Infatti Camillo Sitte ci da delle linee guida che possono essere sintetizzati
in questi punti:
· piazza come luogo sociale
· non
sono importanti le dimensioni ma gli spazi e le prospettive
· la
piazza deve essere visivamente chiusa
· non
è il monumento a creare la piazza ma le quinte.
Nella
settima parte del libro “Architettura e Modernità” di A. Saggio ci illustra
come dopo la caduta del muro di Berlino, il mondo abbia preso a “viaggiare” ad
alta velocità. Il mondo come era stava trasformandosi velocemente e alcuni tra
i più arguti architetti hanno saputo interpretare questo cambiamento mettendolo
in pratica con delle architetture audaci e cariche di significato storico ed
emotivo. Ne è un esempio calzante l’architettura di Libeskind ,che con il suo
museo ebraico è riuscito ad unire le strazianti voci delle vittime con un
architettura quasi funeraria ma dalle line drastiche e imponenti ,quasi dei
tagli che lacerano l’anima.
Mentre il
clima del post guerra fredda si attenua, prende piede nel mondo una terza
rivoluzione, chiamata Rivoluzione Informatica.
Ovviamente
l’architettura deve essere espressione di quella che è la nuova rivoluzione
,così si inizia a ragionare sul concetto di connessione ,di multifunzionalità
,di pattern, di schermi, di pelle; tutte caratteristiche delle nuove tecnologie
a disposizione. Così ad esempio hanno agito architetti come Renzo Piano con la
sua Postdamer Platz alla ricerca della mixitè e alla ricerca delle brown areas,
che rappresentano un campo fondamentale per la ricerca della vitalità di questi
nuovi luoghi contemporanei; o come Miralles che con la sua copertura pixelata,
è andato alla ricerca di una “pelle contemporanea” creata da pixel
Coloratissimi che hanno un forte impatto visivo e creano un onda da surfare in
accezione web.
Nell’ottava
parte del libro (che ho scelto proprio per approfondire questo argomento),si
parla appunto di come l’architettura guarda a questa nuova innovazione.
Attraverso le nuove tecnologie e le continue riflessioni sulla rete, si arriva
ad una architettura che non può più essere monofunzionale e chiusa, ma
piuttosto interconnessa e multifunzionale, proprio come un computer. Un
architetto su tutti si è distinto in questa ricerca, vincendo anche il premio
Pritzker, Toyo Ito. Una frase tratta da libro che secondo me spiega il suo
lavoro è : (…) Non più una costruzione che occupa l’ambiente ma una costruzione
che interagisce con l’ambiente e che usa l’elettronica come elemento
fondamentale di interscambio.”
Aggiungo
anche il link al libro scelto: http://www.architettura.unina2.it/docenti/areaprivata/233/documenti/artedicostruirelecitt%C3%A0.pdf
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